Disconoscimento di paternità: di che si tratta?

Disconoscimento di paternità: di che si tratta?

Il disconoscimento di paternità è un’azione legale con la quale si può ripudiare un proprio figlio; oppure si può ottenere l’accertamento da parte del Giudice della mancanza di qualsiasi rapporto biologico tra il padre e il figlio, quando quest’ultimo è stato concepito da una persona diversa.

La prova dell’inesistenza del legame biologico può essere raggiunta tramite indagini sul Dna; queste permettono di accertare o di escludere la sussistenza del rapporto di filiazione.

L’accoglimento di questa azione legale comporta l’estinzione del rapporto padre-figlio, incluse le conseguenze sull’utilizzo del cognome e sull’esercizio della responsabilità genitoriale. Infatti il padre che  ottiene il disconoscimento non è più tenuto a mantenere il figlio o in generale ad adempiere ai propri doveri genitoriali nei confronti dello stesso (istruire, educare, assistere moralmente e materialmente).

Per intraprendere un procedimento di disconoscimento di paternità occorre rivolgersi ad un avvocato esperto in diritto di famiglia.

 

Chi può agire in giudizio per ottenere il disconoscimento 

Questo procedimento, secondo quanto stabilito all’art. 243-bis del Codice civile può promuoverlo:

  •  il marito;
  •  la madre;
  •  il figlio stesso divenuto maggiorenne.

Chi esercita l’azione è ammesso a provare che non sussiste alcun rapporto di filiazione tra il figlio e il presunto padre.
La sola dichiarazione della madre, però, non esclude la paternità.

L’azione di disconoscimento può essere promossa nei seguenti casi:

  • se i coniugi non hanno coabitato nel periodo presunto del concepimento (fra il trecentesimo e il centottantesimo giorno prima della nascita);
  • se il presunto padre era affetto da impotenza nel periodo del supposto concepimento;
  • se nel periodo del presunto concepimento la moglie ha avuto una relazione extraconiugale; oppure se ha tenuto nascoste al marito la propria gravidanza e la nascita stessa del figlio.

Nel giudizio instaurato per il disconoscimento della paternità devono necessariamente partecipare sia il presunto padre, sia la madre, sia il figlio; i quali, pertanto, sono definiti litisconsorti necessari ai sensi dell’art. 247 del Codice civile.

 

Quando si può richiedere il disconoscimento di paternità

L’azione di disconoscimento può essere esercitata entro un certo termine; questo varia, ai sensi dell’art. 244 del Codice civile, a seconda del soggetto che decide di agire in giudizio.

Il marito ha un anno di tempo che decorre dal giorno della nascita del figlio, se egli si trovava nello stesso luogo al momento della nascita. Se, invece, il coniuge era lontano dal luogo del parto, allora ha un anno di tempo che decorre dal giorno del suo ritorno. Se egli prova di non aver avuto alcuna notizia della nascita al giorno del suo ritorno, allora l’anno di tempo decorrerà dal giorno in cui ne sarà stato messo al corrente.
E ancora, se non era a conoscenza dell’adulterio della moglie o della propria impotenza, al momento del concepimento; allora avrà un anno di tempo dal giorno in cui è venuto a conoscenza di tali fatti.

La decorrenza di questi termini è sospesa se il coniuge si trovi in stato di interdizione dovuta a infermità mentale, oppure versi in condizioni di abituale grave infermità di mente.

La madre, invece, può proporre l’azione per il disconoscimento di paternità entro sei mesi.
Questi decorrono o dalla nascita del figlio o dal giorno in cui è venuta a conoscenza dell’impotenza del marito nel momento del concepimento.
In qualsiasi caso, decorsi cinque anni dalla nascita del figlio l’azione non può più essere esercitata, né dal padre né dalla madre.
Come per il marito, il decorso di questi termini è sospeso se la madre si trova in stato di interdizione dovuta a infermità mentale; oppure in condizioni di abituale grave infermità di mente.

La legge consente, altresì, al figlio stesso di promuovere l’azione di disconoscimento di paternità; può essere richiesta quando egli ha raggiunto la maggiore età ed è imprescrittibile, cioè non ha scadenza.

È bene anche precisare che se il presunto padre o la madre muoiono prima di essere riusciti a promuovere l’azione per il disconoscimento, allora sono ammessi ad esercitarla in loro vece i discendenti o gli ascendenti.
Questo è possibile, però, prima che siano scaduti i termini sopra indicati; questi decorrono dalla morte del presunto padre o della madre o dalla nascita del figlio, se si tratta di figlio postumo; o al raggiungimento della maggior età da parte di ciascuno dei discendenti.