La recente sentenza n. 31564/2024 della Corte di Cassazione ha chiarito un principio fondamentale in tema di mantenimento del figlio maggiorenne. Il supporto economico da parte dei genitori non può essere garantito indefinitamente se il beneficiario non dimostra un serio impegno nello studio o nella ricerca di un’occupazione.
Il caso: revoca del mantenimento per un figlio maggiorenne fuori corso
La decisione della Suprema Corte nasce dal ricorso di una madre e del figlio ultratrentenne contro il padre. Quest’ultimo, aveva ottenuto la revoca dell’obbligo di mantenimento a causa del ritardo significativo del figlio nel completamento del percorso accademico. Esso, infatti, risultava fuori corso da ben sette anni e attribuiva il ritardo all’inadempienza paterna nel pagamento delle tasse universitarie. Tuttavia, i giudici hanno rilevato che il figlio era già ampiamente fuori corso prima che si verificasse il presunto inadempimento del genitore.
La Corte di Cassazione ha sancito che l’obbligo di mantenimento del figlio maggiorenne può essere revocato se questi dimostra comportamenti di “colpevole inerzia”. In altre parole, se il figlio non si impegna attivamente per completare gli studi o per inserirsi nel mondo del lavoro, il supporto economico da parte dei genitori non è più giustificato.
Un punto chiave della sentenza riguarda la necessità di un equilibrio tra l’obbligo genitoriale e la responsabilità individuale del figlio. Il diritto al mantenimento non deve trasformarsi in un abuso, e chi lo riceve deve dimostrare di meritarlo con impegno e dedizione.
Mancanza di impegno e cessazione del mantenimento
I giudici hanno sottolineato che l’obbligo di mantenimento decade quando il figlio raggiunge l’indipendenza economica; o, in alternativa, quando non si dimostra sufficientemente motivato a perseguirla. Nel caso specifico, la Cassazione ha confermato la revoca del mantenimento. Questo perchè il figlio non ha fornito alcuna prova di difficoltà personali o di ostacoli oggettivi che giustificassero il ritardo accademico e la mancanza di autosufficienza.
Questa sentenza rappresenta un ulteriore passo verso una maggiore responsabilizzazione dei figli maggiorenni, sottolineando che il mantenimento economico non è un diritto incondizionato. L’inerzia prolungata e l’assenza di impegno non possono gravare indefinitamente sui genitori; essi hanno il diritto di vedere i propri figli impegnarsi attivamente per costruire il proprio futuro.
In definitiva, lo studio e la ricerca di un lavoro rappresentano i pilastri per continuare a beneficiare del sostegno economico familiare. In assenza di un serio impegno in tal senso, il mantenimento può legittimamente essere revocato.