Il danno subito dal figlio non riconosciuto dal padre deve essere risarcito tenendo conto della maggiore gravità dell’assenza della figura genitoriale durante gli anni più delicati della crescita, ossia dai 0 ai 18 anni. Durante questo periodo, infatti, l’impatto dell’assenza risulta più significativo poiché incide sullo sviluppo dell’individuo che da bambino diventa giovane adulto.
Successivamente, il danno si riduce, poiché la situazione di abbandono può considerarsi, almeno in parte, stabilizzata e, nel tempo, la sofferenza subita dal figlio tende a essere progressivamente compensata.
Secondo l’art. 1226 del codice civile, e dunque con una valutazione equitativa, il risarcimento deve prendere in considerazione la durata dell’inadempimento da parte del genitore e la sua mancanza di giustificazioni valide per l’assenza di supporto morale e per la mancata contribuzione, anche minima, al mantenimento del figlio.
L’importanza di queste circostanze deve essere valutata nel concreto per determinare la gravità del danno e l’intensità della sofferenza causata al figlio: questo principio è stato confermato dalla Cassazione civile, nella sentenza n. 31552 del 9 dicembre 2024.
I principi affermati dalla Cassazione
La Suprema Corte, accogliendo il ricorso riguardo ai criteri di liquidazione del danno derivante dalla privazione del rapporto parentale causata dall’omesso riconoscimento consapevole, ha chiarito due punti fondamentali:
1. non è possibile limitare il risarcimento esclusivamente al periodo di minore età del figlio;
2. qualsiasi deviazione dai criteri tabellari per la valutazione equitativa del danno deve essere giustificata con motivazioni specifiche e concrete riferite al caso concreto; non è quindi ammissibile ridurre o aumentare l’importo del risarcimento sulla base di valutazioni generali e ipotetiche.
La vicenda giudiziaria del figlio non riconosciuto dal padre
Il caso esaminato riguarda un figlio che aveva esperito e vinto l’azione di dichiarazione giudiziale della paternità contro il padre, il quale era stato condannato a risarcire il danno derivante dalla negazione del rapporto paterno-filiale, quantificato dal Tribunale in 33.600,00 euro.
Non soddisfatto dell’importo riconosciuto, il figlio ha impugnato la sentenza in secondo grado. Tuttavia, la Corte d’Appello ha confermato la decisione del Tribunale, respingendo la richiesta di aumento del risarcimento. I giudici di secondo grado hanno motivato la loro decisione basandosi su quattro punti principali:
1. Non sovrapponibilità della fattispecie. Il danno derivante dalla morte di un genitore non può essere paragonato al danno causato dall’omesso riconoscimento e dal mancato adempimento dei doveri parentali.
2. Risarcimento limitato alla minore età. Si è ritenuto corretto risarcire solo il danno principale subito dal figlio nel periodo di minore età, momento in cui l’assenza del genitore ha avuto un impatto più significativo.
3. Rimediabilità del danno. L’azione di dichiarazione giudiziale di paternità avrebbe permesso al figlio di colmare, almeno in parte, il vuoto di riconoscimento e di relazione con il padre.
4. Incertezza sulla qualità della relazione. Non era possibile determinare con certezza quale tipo di rapporto si sarebbe instaurato se il genitore avesse adempiuto spontaneamente ai suoi doveri.
Non soddisfatto della conferma della sentenza di primo grado e dell’importo deciso, il figlio ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che il risarcimento non poteva essere limitato alla sola minore età e contestando la riduzione arbitraria dell’importo rispetto ai criteri tabellari previsti in casi analoghi.
L’accoglimento del ricorso in Cassazione
Accogliendo il ricorso, la Corte di Cassazione ha precisato che il danno subito dal figlio non riconosciuto dal genitore deve essere risarcito in modo proporzionale all’incidenza maggiore dell’assenza della figura genitoriale durante gli anni più critici della crescita e dello sviluppo. Successivamente, il risarcimento deve essere ridotto, in quanto la situazione di abbandono può considerarsi almeno parzialmente stabilizzata.
Inoltre, la Corte ha ribadito che, ai sensi dell’art. 1226 del codice civile (principio di equità), il risarcimento deve tenere conto della durata dell’inadempimento da parte del genitore e delle motivazioni che abbiano portato all’omissione di assistenza morale e del contributo, anche minimo, al mantenimento del figlio.
Infine, il risarcimento deve essere determinato con una valutazione concreta della gravità dell’azione del genitore e dell’entità della sofferenza subita dal figlio, senza applicazione di tabelle predeterminate.
La sentenza della Cassazione n. 31552/2024 rappresenta un importante punto di riferimento per la tutela dei diritti dei figli non riconosciuti, ribadendo che il risarcimento del danno non può essere limitato alla minore età e che l’assenza del genitore ha un impatto significativo anche nell’età adulta. Il principio di equità deve guidare la quantificazione del danno, tenendo conto della specificità del caso concreto e della sofferenza subita dal figlio a causa dell’assenza genitoriale.